martedì 12 novembre 2013

«Con gli occhi chiusi»: diverse prospettive da cui osservare il male del mondo

(articolo apparso su Prima Pagina del 9 novembre 2013)
 
Federigo Tozzi è un autore forse non troppo noto al grande pubblico, di certo ingiustamente emarginato rispetto alla ristretta cerchia dei cosiddetti classici della letteratura. Di solito è ricordato come talento incompiuto, stroncato dalla polmonite nel 1920 (ad appena 37 anni) nel pieno della carriera e, per di più, pressoché completamente ignorato dai suoi contemporanei, con le significative eccezioni di Borgese, Pirandello e pochi altri.
Con gli occhi chiusi, la sua opera più riuscita, è un romanzo che nasce da un fondo autobiografico, da cui Tozzi attinge il tema, per lui fondamentale, del rapporto conflittuale tra padre e figlio. Esattamente come nel romanzo, anche il padre dello scrittore era un oste dispotico e autoritario, che per il figlio non vedeva altro che un futuro dietro il banco della trattoria di famiglia.
Il libro fu pubblicato nel 1919 presso l'editore Treves, anche se è possibile ritenerne conclusa la stesura entro il 1913.
Protagonista del romanzo è Pietro Rosi, che nelle prime pagine viene presentato come un adolescente succube del padre, di cui subisce il temperamento aggressivo. Questi gestisce una trattoria a Siena insieme con la moglie Anna ed è proprietario del podere di Poggio a' Meli, dove vivono, tra gli «assalariati», Giacco e Masa (due vecchi contadini) e una loro nipote, Ghísola. Per quest'ultima, sin da ragazzo, Pietro nutre un'attrazione confusa, che spesso si manifesta sotto forma di dispetti e cattiverie; ma la ragazza, molto più sveglia di lui, si mostra fuggevole, evasiva e, anche quando sembra disposta ad assecondare i suoi maldestri corteggiamenti, rimane volutamente vaga, fuori dalla portata di Pietro.
Un giorno Domenico, che non approva il legame del figlio con la giovane contadina, dispone che Ghísola faccia ritorno a Radda, a casa dei genitori. Per Pietro è un duro colpo, cui si aggiunge, di lì a poco, la perdita della madre, morta in seguito ad un accesso convulsivo. Umiliato dal padre per la sua scarsa propensione al mestiere di «padrone», il giovane vive costantemente in solitudine, faticando a terminare gli studi. Come gesto di ribellione, decide di avvicinarsi al socialismo.
Nel frattempo Ghísola, dopo essere stata sedotta da un amico di famiglia e dal suo fattore, ha abbandonato Radda, infastidita dalle voci che avevano preso a circolare sul suo conto. Trasferitasi a Firenze, è quindi divenuta l'amante di Alberto, un commerciante separato dalla moglie. È incinta, ma Alberto, che si trova in difficoltà economiche, è impossibilitato a mantenerla. Così, quando Pietro – che osservando una fotografia ha capito di essersene innamorato – decide di andare a trovarla, Ghísola, su consiglio dell'amante, progetta di sposarlo, con l'intento di fargli credere di aspettare un figlio da lui. Pietro, nonostante l'opposizione del padre, desidera ardentemente il matrimonio, ma, in ossequio ai vincoli della sua morale, respinge ogni approccio sessuale poiché è intenzionato a rispettare la donna che ama fino al giorno delle nozze.
A questo punto Ghísola, constatata l'inattuabilità del suo piano, si allontana da Pietro; ma, abbandonata a sua volta da Alberto, finisce in una casa di tolleranza a Firenze. Nella città toscana avviene un nuovo incontro con Pietro: egli si mostra disposto a perdonare la ragazza, finché non riceve una lettera anonima dal contenuto inquietante: vi si legge che Ghísola lo tradisce, con tanto di invito a verificarne l'infedeltà presso una casa di Firenze. La casa, dove Pietro puntualmente si reca, non è altro che un bordello. Pietro vi trova Ghísola, che continua a celare la gravidanza stando seduta. Ingenuo, il giovane ancora ignora la realtà e sembra voler credere alla buona fede dell'amata. Solo quando Ghísola, alzandosi in piedi, svela finalmente l'inganno, Pietro è costretto ad aprire gli occhi. «Allora egli – così si conclude il romanzo –, voltandosi a lei con uno sguardo pieno di pietà e di affetto, vide il suo ventre. Quando si riebbe dalla vertigine violenta che l'aveva abbattuto ai piedi di Ghísola, egli non l'amava più».
Il romanzo di Tozzi gioca sulla polivalenza del concetto di consapevolezza. A livello superficiale, Pietro è il classico inetto che non riesce a realizzare se stesso. «Magro e pallido, inutile agli interessi», egli è l'esatto opposto del padre, perfetto self-made man ossessionato dagli affari, apparentemente appagato dalla propria vita di sacrifici. Pietro appare ingenuo, svogliato, poco disposto ad impegnarsi a fondo in qualcosa: sembra, per l'appunto, inconsapevole, incapace di dare un senso alla sua vita. Il mondo che lo circonda è evanescente, popolato da ectoplasmi che egli non avverte, semplicemente perché non hanno nulla di interessante da dirgli.
Tra Domenico e il figlio non c'è possibilità di comunicazione. Pietro, a parere del padre, vive con gli occhi chiusi, è cieco rispetto alla vita reale. E tutto il mondo attorno a lui sembra dare ragione a Domenico. Solo due donne, la madre Anna – che però muore troppo presto – e Ghísola, danno l'impressione di poter instaurare un dialogo con lui. La ragazza, in particolare, cattura il suo interesse: e, legando a sé Pietro, di fatto diviene la sua guida virgiliana verso la luce. Nell'amore per Ghísola, Pietro si illude di trovare la via che conduce alla verità; si convince, contro il parere del padre, che il rapporto con la giovane contadina possa dare valore alla sua vita. Ma la verità che infine trova non è certo quella lungamente agognata. Quando apre gli occhi, realizza di avere perduto per sempre l'innocenza della sua vista precedente. L'acquisita consapevolezza non è altro che dolore: e, rispetto ad esso, meglio sarebbe stato rimanere cieco.
Qual è, quindi, la vista migliore? Quella consapevole di Domenico e di Ghísola, o quella buia che Pietro possiede prima di aprire gli occhi? In altre parole, da quale punto di vista la realtà – che nella visione di Tozzi non è altro che prevaricazione, ingiustizia e dolore – risulta più tollerabile?
La pertinacia di Pietro, l'ostinazione a guardare il mondo con gli occhi della sua anima incontaminata, è incompatibile con la consapevolezza della verità. Paradossalmente, nel momento in cui apre gli occhi della ragione, Pietro chiude quelli del cuore. E realizza, in un istante, che anche il suo amore per Ghísola – l'unica cosa che lo aveva spronato ad assaporare la vita – non è altro che un'illusione, una menzogna. Di colpo, nel momento in cui scopre la gravidanza della giovane contadina, Pietro regredisce al livello del padre: il privilegio della sua cecità viene meno. E, in un certo senso, imparando a conoscere il mondo, Pietro si scopre più cieco di prima, poiché i suoi occhi hanno perduto per sempre la luce della purezza.
La distanza che separa Pietro da Ghísola viene colmata nell'istante in cui la ragazza svela l'inganno della gravidanza celata. Ghísola ha perso la speranza di essere salvata: ha abbandonato Radda poiché segnata, come da un marchio impresso a fuoco, dalle voci poco lusinghiere che circolavano in paese riguardo ai suoi costumi. Il pregiudizio l'ha resa una vittima senza possibilità di redenzione. La cattiveria e il cinismo di cui dà prova pianificando di ingannare Pietro sono il solo modo per ribellarsi a un mondo ingiusto e spietato. L'amore innocente del ragazzo quasi la offende: «Ma che andava cercando? Perché, dunque, amava lei e non qualche signorina di Siena, una signorina della sua condizione?». In Pietro, Ghísola è costretta a vedere riflessa un'ingenuità per lei ormai inaccessibile. E non riesce ad accettarlo.
Ma Ghísola non è solo questo. A ben vedere, ciò che la rende unica agli occhi di Pietro non è l'amore, bensì la comune diversità. Ghísola non accetta le imposizioni, i pregiudizi; si ribella alle convenzioni sociali poiché si ritiene «molto da più di tutti», nel senso che osserva il mondo con occhi diversi da quelli della gente comune. La sua consapevolezza è drammaticamente fiera: Ghísola non ha paura di essere quello che è, non teme il mondo, si è rassegnata al dolore e accetta di viverlo come una sfida. Contrariamente a Pietro, che non può più amare dopo aver conosciuto la verità, Ghísola è libera di guardare, a suo piacimento, con gli occhi aperti o chiusi.
Pietro ha bisogno di nutrirsi di ideali. La ribellione al padre, di cui non vuole accettare l'attaccamento morboso agli affari (alla "roba"); l'adesione al socialismo, vaga promessa di redenzione per l'umanità; e infine il suo amore per Ghísola, che egli vive con fiducia infantile ma a patto che l'amata abbia «la coscienza dell'onestà», sono tutti maldestri tentativi di affermare un io che rischia continuamente di soffocare. Pietro non riesce a vivere con dignità nella condizione di emarginato, non è in grado di trasformare la diversità in orgoglio. Per questo il buio della solitudine lo avvolge minaccioso, senza dargli scampo.

Appuntamento ogni sabato su Prima Pagina con la rubrica All'apparir del vero 

Nessun commento:

Posta un commento